Pallavolo. Una finestra sul mondo degli arbitri: parla Sebastiano Rizzotto

17.05.2017 15:03

Il futuro della classe arbitrale è racchiuso nei volti dei tanti arbitri che vediamo quotidianamente in giro per le palestre della nostra provincia ma anche di tutta la Sicilia. Preparati, determinati e al passo con i tempi, soprattutto con le continue evoluzioni del gioco della pallavolo. Sono le giovani leve di una categoria, quella dei direttori di gara che è proprio il caso di dire vanno forgiandosi giorno dopo giorno. Il Comitato Territoriale di Messina ha dato negli anni una grande importanza alla formazione e preparazione dei fischietti, raccogliendo diverse soddisfazioni. L’ultima in ordine di tempo, ma l’elenco da scorrere sarebbe davvero lungo, è stato vedere la finale del torneo maschile del Trofeo delle Province diretta da due arbitri messinesi: Erika Burrascano e Sebastiano Rizzotto. Abbiamo voluto approfondire la conoscenza di questa realtà, forse meno soggetta all’attenzione mediatica rispetto agli altri interpreti del mondo della pallavolo ma altrettanto importante, intrattenendoci in una piacevole conversazione con Rizzotto.
Come è nata dentro di te la decisione di intraprendere la carriera arbitrale. “Direi soprattutto per curiosità verso uno sport che ho sempre seguito ma che nasconde all’interno molto più di quello che si può pensare vedendo una semplice partita”.

Quanto è stato lungo il percorso che ti ha portato in giro per i campi della provincia e ora anche di tutta la Sicilia con il classico fischietto in mano.
“Abbastanza lungo ma mi ha coinvolto sempre di più. Una volta terminato il corso di formazione sono entrato in un mondo complesso ma affascinante in cui l’arbitro ricopre un ruolo importantissimo non solo per l’aspetto tecnico ma perché rappresenta la federazione e a volte diventa quasi formatore soprattutto quando all’inizio di carriera si trova in campo coi più piccoli. Man mano che si sale di livello crescono le difficoltà ma anche il fascino di arbitrare giocatori e tecnici di serie superiori in palazzetti pieni di gente, dove capisci di aver fatto bene se nessuno ti nota mentre difficilmente ti viene perdonato un errore. Purtroppo a volte ci si dimentica che l’arbitro è un uomo proprio come lo sono gli atleti in campo e come tale può sbagliare anche lui, ma fa parte del gioco ormai ne sono consapevole”.
Ma diventare arbitro era il tuo sogno da bambino?
“Faccio sport sin da piccolissimo tra nuoto, danza sportiva, calcio e molte volte gli arbitri non erano i miei migliori amici ma ho sempre avuto rispetto per queste figure. Ho preso il percorso che ho sentito appartenermi quando ho capito che lo sport di alto livello prima o poi deve essere messo da parte per motivi diversi che possono andare da quello anagrafico a quello lavorativo”.
Ti ricordi il tuo primo approccio con il Mondo del volley. Come ci sei entrato in questa grande famiglia?
“Come ho detto prima ho sempre fatto sport e soprattutto ho condiviso sempre tutto con mio fratello. Quando lui ha deciso di entrare nel mondo della pallavolo per me era troppo tardi seguirlo sia perché praticavo danza sportiva a livello agonistico e sia perché ero troppo grande per poter pensare di cominciare una carriera da giocatore. Così mi limitavo a seguirlo e a fare il tifo nelle sue partite e, lo ammetto, anche ad arrabbiarmi con l’arbitro di turno per qualche decisione che giudicavo sbagliata ma che magari non capivo fino in fondo. Così quando sono venuto a conoscenza del corso di arbitro ho capito che poteva essere un mezzo per continuare a seguire la carriera di mio fratello con un occhio più competente. La vita però ti sorprende sempre e così mentre lui finiva di giocare per intraprendere la carriera lavorativa in Marina io mi entusiasmavo ogni giorno di più per il ruolo che quel fischietto mi dava”.
Quali sono i requisiti o se preferisci le caratteristiche che deve possedere chi decide di intraprendere la professione arbitrale.
“Ogni arbitro ha le proprie caratteristiche umane e tecniche ma ci sono dei punti a mio parere fondamentali per continuare a ricoprire questo ruolo nonostante le difficoltà date dagli spostamenti e dalle delusioni che possono capitare come in ogni altro ambito. Un arbitro deve essere prima di tutto umile, non deve essere il protagonista in campo ma anzi una figura silente che possa rappresentare un punto di riferimento per giocatori e allenatori durante la partita. Deve essere sicuro delle decisioni che va prendendo in quel momento, rispettando chi hai davanti nella speranza che questo rispetto sia sempre ricambiato. La sicurezza va di pari passo con la competenza, e quella si può acquisire solo con lo studio delle regole. E’ importante la consapevolezza che anche i migliori ogni tanto possono avere una perplessità e non è segno di debolezza aprire il regolamento e togliersi il dubbio; infine credo che un arbitro deve essere anche ambizioso perché quando si vedono in televisione partite di alto livello bisogna avere la voglia di arrivarci. Sapendo che è un percorso difficile da compiere, che richiede sacrifici e passione ma devi almeno provarci”.
Hai diretto in coppia con un altro fischietto messinese, Erika Burrascano, la finale del Trofeo delle Province, la più importante competizione regionale a livello giovanile. A mente fredda puoi raccontarci le sensazioni che hai provato in quel momento?
“Sin dal primo giorno il Trofeo delle Province è stata una splendida esperienza per noi, sia dentro che fuori dal campo. Il gruppo arbitri si è subito cementato formando una vera e propria squadra, pur venendo tutti da province differenti eravamo estranei a qualsiasi tipo di campanilismo. Lunedi mattina ho arbitrato in coppia con Andrea Aleo di Caltanissetta la finale 3°/4° posto femminile contento e sicuro che quella sarebbe stata l’ultima partita che avrei arbitrato in quella competizione. Già prima di pranzo, in base alle squadre che avevano raggiunto le finali, qualcuno dava i nomi degli arbitri messinesi come possibili papabili per dirigere le finali ma personalmente escludevo assolutamente la mia presenza. Durante il pranzo stesso il designatore ci ha comunicato i nomi, il primo è stato quello di Erika ed ero contentissimo che la mia compagna fosse stata scelta per questa gara ma mai potevo pensare che il secondo nome sarebbe stato il mio, è stata un’emozione fortissima, il mio sguardo ha incrociato gli occhi di Erika come infinite volte è capitato negli ultimi 2 anni in cui abbiamo girato la Sicilia in lungo e in largo ed ho visto anche negli occhi di tutti gli altri arbitri presenti una sincera felicità per la scelta che era stata fatta. Arrivati in palestra stava per iniziare la finale femminile ed entrare in un palazzetto come quello di Patti, pieno di gente, con la musica di sottofondo, lo speaker che presentava gli arbitri della prima finale e le coppe a bordo campo mi ha fatto salire un nodo in gola. Entrati in campo per la nostra finale però sia io che Erika ci siamo guardati di nuovo in faccia, isolandoci da tutto pensando ad arbitrare con la sicurezza di sempre. Una sicurezza frutto dell’intesa che si è venuta a creare, ci basta un colpo d’occhio per capirci. In più avevamo il tifo dagli spalti anche noi, quello delle magliette rosse dei nostri colleghi pronti a sostenerci”.


Sebastiano Rizzotto

gli arbitri messinesi Erika Burrascano e Sebastiano Rizzotto che hanno diretto la finale maschile del Trofeo delle Province

un selfie di gruppo dal Trofeo delle Province

 

Massimiliano Andò

MESSINA FLASH