Dilettanti - Lettera del presidente Figc regionale Santino Lo Presti sul calcio in Sicilia

26.06.2015 14:05

Il presidente del Comitato regionale della Figc in chiusura della stagione calcistica ha voluto esternare il suo pensiero, con qualche riferimento anche al futuro del Calcio in Sicilia.

"Si chiude l’attività ufficiale della corrente Stagione Sportiva 2014/2015 e ci si appresta a programmare quella nuova  2015/2016. Brevemente vorrei esporvi il mio pensiero sul Calcio in generale, sul Calcio Dilettantistico con particolare attenzione a quello Siciliano. Il Calcio nel mondo, e quindi anche in Italia, rappresenta lo sport più seguito e più importante, non solo sotto l’aspetto del coinvolgimento numerico delle persone, ma anche per le risorse economiche che muove. In Italia è la quarta azienda e ciò dovrebbe determinare l’attenzione da parte degli operatori istituzionali e non. Spesso, invece, le istituzioni sono disattente e se ne interessano solo di fronte ad eventi negativi. Non c’è immagine migliore del Calcio, anzi del sistema calcio, negli ultimi anni: una palla gira, corre senza fermarsi neanche davanti alla porta, neanche dentro la rete. Ma dov’è finito quell’immaginario collettivo legato alle notti magiche, quelle degli anni ’90, quelle del mondiale italiano, di Schillaci e di Baggio, quando il pallone e il gioco vincevano su tutto? Quando i tifosi si sentivano un tutt’uno con i giocatori in campo?

Oggi il Calcio corre, il Calcio ha fretta, il Calcio non si ferma davanti a niente. Gli è stata montata una macchina attorno, ed i suoi valori sembrano perdersi dietro a gestioni imprenditoriali, talvolta mal condotte, dietro al giro di denaro dei diritti televisivi, che non fanno altro che tenere le persone fuori dagli stadi, davanti alla televisione spesso in solitudine e in silenzio, assordate da rumori artatamente amplificati per creare un irreale contesto da stadio, ma in realtà sole, senza il senso di condivisione, di passione, che sono i veri motori di questo sport. Le immagini più ricorrenti alla tv sono i lanci di banane, di sassi contro i pullman, gli scontri tra tifosi, i cori razzisti e recentemente anche i colpi di pistola. Questo non è ammissibile, non rende giustizia al gioco.

Di fronte alla violenza la massima rigidità è d’obbligo, ma non può bastare. Il problema è culturale, etico e non si può risolvere solo punendo. La sola repressione non risolve il problema della violenza nel Calcio. Occorre infondere e diffondere la cultura sportiva che prevede tra i risultati possibili la” non vittoria” e non il successo sempre e a tutti i costi, ma occorre anche insegnare e agire correttamente perché i bambini imitano. Basta andare allo stadio e ci si accorge di come ogni gesto dei genitori venga subito ripetuto, così come ogni gesto o azione nella vita quotidiana. Dobbiamo stare attenti a non pensare che il male siano i tifosi, o parte di essi. I tifosi sono un patrimonio e senza di loro l’intero sistema crollerebbe. Immaginate stadi vuoti, senza cori, senza esultanze, senza nessuna partecipazione e senso di appartenenza: il calcio morirebbe.

Ma quali sono le possibili soluzioni? Si può partire dall’alto, ma si può partire, e credo si debba partire, anche dal basso. Bisogna guardare alle comunità di riferimento, occorre colmare quel gap di distanza tra società e tifosi. La società moderna sta perdendo quel senso di comunità, di appartenenza e di partecipazione emotiva che costituisce l’impegno reciproco assunto dagli individui al fine di alimentare e realizzare i valori e gli obiettivi comuni. Vero è che siamo collegati H24, ma soli con un computer o con un telefonino. La società globalizzata tende all’isolamento della persona. Il Calcio ha bisogno di essere ripensato, i tifosi devono essere coinvolti, responsabilizzati, occorre dar loro la possibilità di entrare nella vita delle società. La potenza del Calcio, capace di abbattere le barriere culturali e sociali, va sfruttata per creare valori nella e con la comunità, attraverso progetti innovativi che vadano oltre le semplici iniziative di solidarietà, spesso con il solo obiettivo di pura comunicazione e per migliorare la  reputazione della società stessa. Occorre sviluppare progetti di coesione sociale, di valorizzazione dei vivai, di educazione allo sport nelle scuole, creare collaborazioni con realtà non profit locali e collegarsi al contesto territoriale. Occorre, in sintesi, integrare la responsabilità etica dentro gli obiettivi della società sportiva, offrendo al contempo alle società strumenti di facilitazione di questi processi.

Bisogna allenare i ragazzi a saper affrontare le difficoltà, perché possano risolverle. Si può rischiare nella vita, si può perdere, ma si deve andare avanti, rialzarsi e riprendere la corsa. L’errore non deve essere visto solo come qualcosa di negativo, ma anche di positivo. Sbagliare è progredire; la vita, come la competizione, procede per problemi e per errori, ma alla fine la prestazione sarà migliore. Allenare i ragazzi a superare gli errori significa irrobustirli caratterialmente, in modo da renderli in grado di affrontare le inevitabili situazioni difficili che si presenteranno nella loro vita.

Obiettivo di ogni sana educazione è far sì che i ragazzi acquisiscano quella forza interiore per rimettersi in gioco, per non lasciarsi andare alla disperazione.

E’ necessario un nuovo patto tra le varie agenzie educative. L’allenatore e il genitore debbono stringere un’ alleanza educativa. Oggi la vera emergenza è questa. L’allenatore è vincente “se educa”, contrariamente al passato quando si affermava che l’allenatore era vincente se privilegiava il primato dei risultati sulle esigenze della squadra, sulle esigenze degli allievi. Educare allo sport è educare alla lealtà, al Fair Play che è una regola non scritta in nessun regolamento, ma che sta alla base di ogni sport: è il rispetto dell’altro, compagno, allenatore o arbitro che sia, e si apprende nel gruppo. Educare allo sport è anche educare al sogno: il sogno, il pensiero più bello. Quanti genitori parlano con i loro figli dei loro sogni? Occorre ridare ai ragazzi il significato autentico della parola sogno. Il sogno non è territorio dell’impossibile, ma territorio del possibile e del lecito. Il minore va aiutato a “volare con ancore e zavorre”, altrimenti il rischio della frustrazione è molto grande.

Lo sport, e quindi anche il Calcio, consente non solo di esprimere emozioni forti legate al successo e alla sconfitta, ma soprattutto di manifestare le proprie passioni all’interno di un gruppo, di inserirsi e crescere in un contesto sociale sano che ciascuno degli attori, giocatori, dirigenti, allenatori, tifosi ed arbitri, deve contribuire a costruire grazie al proprio impegno e al proprio sforzo personale. Questo è il Calcio che vorrei e il mio impegno, momento dopo momento, giorno dopo giorno, sarà tutto dedicato a costruire un patto tra tutti gli attori che la domenica vogliono offrire alle famiglie uno spettacolo bellissimo, senza ansia e timori che un gioco possa trasformarsi in rissa o peggio in tragedia.

Alleniamoci allora ad essere persone imperfette perché,se ci alleniamo alla perfezione, il suo mancato raggiungimento genererà ansia e frustrazione. Questa è la meta dove vorrei che andasse il Calcio ed in particolare il Calcio Dilettantistico della Sicilia che, anche per quest’anno, ha raggiunto il negativo primato di regione con il più alto numero di aggressioni in campo agli arbitri. Io non posso fermarmi alla sola constatazione di questo primato negativo, ma attiverò incontri  per confrontarci, per trovare strategie formative che rasserenino questo clima di sospetti continui, spesso creati per giustificare scelte tecniche e strategie societarie sbagliate di cui non si ha il coraggio di assumersi le responsabilità.

Tutto questo, però, da soli non possiamo riuscire a farlo, abbiamo bisogno delle istituzioni a cui chiediamo di porre attenzione a questo mondo  che trasmette valori come la solidarietà, la socializzazione, il rispetto delle regole, sostituendosi in questo alle stesse istituzioni. Non chiediamo soldi, ma strutture dove i nostri giovani, i nostri figli, i nostri nipoti possano fare sport in sicurezza, in ambienti sani per crescere e dare un contributo a questa martoriata terra che è la nostra e da cui non vogliamo andare via.

Grazie".
Santino Lo Presti
(Presidente Comitato Regionale Figc)